E quando la
notte fonda
ha già
inghiottito uomini e case,
una cella mi
accoglie
esule del
mondo. Gli altri
nulla sanno di
questa mia pace,
di questi
appuntamenti.
Forse neppure
io stesso
saprei rifare
l'itinerario del giorno,
ripetere la
danza del mio Amore.
Quasi nulla
avanza di me
la sera: poche
ossa, poca carne
odorosa di
stanchezze,curvata sotto il peso
di paurose
confidenze.
Allora Egli mi
attende solo,
a volte seduto
sulla sponda del letto,
a volte
abbandonato sul parapetto
della grande
finestra. E iniziamo
ogni notte il
lungo colloquio.
Io divorato
dagli uomini, da me stesso,
a sgranare ogni
notte il rosario
della mia
disperata leggenda.
Ed Egli a
narrarmi ogni notte
la Sua infinita
pazienza.
E poi
all'indomani io, a correre
a dire il
messaggio incredibile
ed Egli fermo
al margine delle strade
a vivere
d'accattonaggio.
David Maria Turoldo
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