martedì 8 dicembre 2020

Il Gelo

 

Dormiva la vallata nella notte serena,
s’affacciò il Gelo e disse: “Bene! Mi sento in vena.
Quest’è un’ora tranquilla, nessuno sta a vedere
e si lavora in pace. Mi fa proprio piacere.
Io non somiglio punto a tutti quei furioni
miei parenti, la grandine, il vento, gli acquazzoni…
Quanto fracasso fanno! Par non ci sian che loro,
e sciupano ogni cosa! Io sto zitto e lavoro”.
Così borbotta il Gelo; ride la luna piena
mentr’ei va silenzioso per la notte serena.

 E viene alle casette della valle silente;
e alle chiuse vetrate, soffiando lievemente,
va ricamando trine così fini e istoriate
come il meraviglioso mantello delle fate,
e dappertutto dove, alitando, s’arresta,
al lume della luna, d’un tratto, ecco una festa
di fiori scintillanti, di candidi alberelli,
di brillantate alucce di farfalle e d’uccelli;
ecco templi d’argento dalle guglie lucenti,
e intricate foreste dai rami trasparenti.
Ogni cosa s’adorna d’un bianco luccichio.
“Eh” dice Mastro Gelo “Se mi ci metto io!…”.

 Pur questo grande artista del magico respiro
si diverte talora a giocare qualche tiro
in una notte gelida si prese confidenza
d’entrar dalla finestra, andare alla credenza;
perché un po’ di cena per lui non ritrovò,
la frutta d’un cestello per dispetto gelò.
Un bicchier pieno d’acqua lasciò tutto incrinato,
mandò in pezzi una brocca di cristallo iridato;
e parea che dicesse: “Vi ho servito a dovere:
ho lavorato bene; mi fa proprio piacere”.

  

Camilla Del Soldato

 

***

 

 

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